Voglio dare un senso… Anche se un senso non ce l’ha

equità s. f. [dal lat. aequĭtasatis, der. di aequus «equo»]. – Giustizia che applica la legge non rigidamente, ma temperata da umana e indulgente considerazione dei casi particolari a cui la legge si deve applicare: giudicare con e., secondo e., contro e.; l’e. non offende la legge né la giustizia, ma interpreta l’una e l’altra nel loro vero significato; più in partic., nei sistemi giuridici di common low (v.) e nel diritto internazionale, e solo eccezionalmente nel diritto italiano, l’equità (ingl. equity) è la «giustizia del caso singolo», quella che prevede, da parte del giudice, non l’applicazione di una legge preesistente, ma piuttosto la creazione di una nuova norma applicabile al caso concreto; nel diritto privato, riduzione ad e., l’operazione attraverso cui, nel caso di eccessiva onerosità sopravvenuta della prestazione del debitore, si modificano le condizioni del contratto in modo da contemperare equamente gli interessi dei contraenti. In senso più generale, il termine è usato come sinon. di giustizia, non in quanto sistema astratto ma in quanto norma seguita costantemente nel giudicare, nel governare, nel trattare ognuno secondo i meriti o le colpe, con assoluta imparzialità. http://www.treccani.it

n.f. invar. sentimento naturale di giustizia adottato come criterio etico-giuridico per attenuare la rigidezza della legislazione in particolari circostanze; criterio valutativo svincolato da riferimenti legali cui il giudice può, in certi casi, ricorrere: decidere secondo equità
Dal lat. aequitate(m), deriv. di aequus‘equo’.
Rubrica sinonimi imparzialità, obiettività, equanimità Contr. ingiustizia, parzialità. http://www.sapere.it

Quando si utilizzano i termini, in una lingua complessa e ricca come la nostra, bisognerebbe prestare la massima attenzione.
Giustizia ad personam, non nel senso classico di “aiutare gli amici”, ma guardare la realtà presente in una determinata circostanza.
Gestire la Cosa Pubblica garantendo seriamente a ogni libero cittadino eguali diritti, in base alle proprie capacità e possibilità.

Passare del tempo al sud aiuta, potersi spostare dal nord al sud come mi è capitato negli ultimi 3 anni sarebbe utile a chiunque per farsi un’idea delle reali condizioni di vita degli italiani.

Prima di tutto c’è da dire che si è persa di vista la concezione di legalità. Sentire persone che intervistate rispondono “sì, ho pagato per una trattoria da 5 tavolini e mi sono un po’ allargato, ho un ristorante con 500 coperti, ma alla gente piace mangiare fuori” oppure “ho anche un piccolo hotel perché se qualcuno poi si volesse fermare a dormire.. Aspetto il condono, ma mi stanno facendo aspettare più di quanto pensassi”.

Ormai è tutto dovuto, tutto lecito, tutto nella norma. Non fare fattura così nessuno paga, ma poi aumentano le tasse a me che l’iva la pago; non fare lo scontrino perché è solo un caffè, una gomma, un gelato, una carietta, un paio di scarpe; non rispettare i turni, le file, gli orari perché tanto si sa che è così, uno in più o uno in meno.

Tutto questo al nord, al centro, al sud e a quanto ricordo nelle isole. Ci sono differenze sottilissime: al nord son furbi, al sud plateali, al centro caciaroni e nelle isole riservati. Ma la sostanza non cambia. E neppure l’arrivo degli stranieri ha modificato o peggiorato la situazione, casomai la mescolanza delle etnie aiuta la fantasia e la concorrenza.

Ci ritroviamo con pensionati che devono campare con 300€ al mese (bontà di qualcuno) e finti poveri che ne intascano 300mila€.  Io vorrei capire perché su certe cose non si può imporre un tetto massimo. Se è vero che si può campare con i famosi 800€ con famiglia a carico, perché non si può stabilire che si possa avere una vita agiata fermandosi a .. esageriamo: 50mila?

Oltre? Si lavora gratuitamente, si affiancano dei giovani, che intanto guadagnano meno ma prendono uno stipendio, imparando, magari dai migliori. Medici, avvocati, dentisti, ragionieri, impiegati, ma anche operai, benzinai, piloti, ecc. ecc.

Quel lavoro gratis va bene solo quando si tratta di giovani, neo-diplomati, neo-laureati, morti di fame, che possono entrare in un call center e guadagnare solo se arrivano a un tot. Che poi io dico: ma se tutti fossero meno scemi e rifiutassero, non si sarebbe dovuti arrivare prima a un minimo sindacale anche per questa categoria? “La fame è troppa”. Sì, ma se non prendi niente a fine mese e hai lavorato togliendo magari 5 clienti a un’altra povera morta fi fame, non è peggio per tutte e due?
Voglio dire: in un call center ti chiamano, ti promettono zero, non ti danno rimborso spese, non ti danno minimi, non ti danno nulla, ci rimetti solo tu, di benzina o il biglietto dell’autobus, un euro di caffè per stare sveglio e così via. E tu cosa fai? Invece di mandarli dove dovresti, fai un sorriso, accetti e pensi dentro di te “do il meglio così…” Così niente! NIENTE! NULLA! ZERO! Come ti hanno detto e promesso. Vabbè, passi per il primo impiego, chi di noi non ha lavorato gratuitamente qualche mese, ammettiamolo, o con stipendi così bassi che lo spacciatore dietro l’angolo ti offre una sigaretta e capendo che non fumi ti offre un caffè, mentre ti guarda come si guardano le cartoline dei bambini sudafricani di un paesino sperduto?
Ma alla seconda, terza, quarta offerta del genere: cazzarolina accetti ancora? Ma sei stupido? Non per te, mai dovessi aprire una azienda attingerei alla rubrica dei poveri fessi con il tuo nome e ti chiamerei pure io offrendoti una brioche la mattina e facendoti felice! Io parlo per chi come me si accontenterebbe di esser presa in giro con il rimborso delle spese!!! Fai cacciare 2 lire a chi ti assume!!

Torniamo indietro un po’, tanto qui i discorsi si intrecciano e ci vorrebbe un mese per scrivere di tutto!

Parliamo degli studi di settore e del minimo.
Qualcuno mi può spiegare per quale motivo ci sono persone che non possono dichiarare meno di una certa cifra, quando hanno una attività in proprio da anni, in piccoli paesi, arrotondano con i lavori di mogli e figli e arrivano a stento a fine mese?
Se io dovessi avviare una partita iva, secondo lo Stato (chi per lui, naturalmente) mi dice: tu, Maria, nel 2013 guadagnerai non meno di 50mila€ come psicoterapeuta!
Cazzarolina, guadagno, mi metto in tasca, saranno miei più di 2000€ al mese!!! Tutti i miei sforzi ripagati!!!
A Roma, fiduciosa, apro la partita iva, non me la regalano, eh, pago quel che devo, trovo un commercialista e anche lui si fa pagare. Naturalmente poco, sono al primo anno, mi viene incontro. Trovo un immobile, una stanzetta buia in periferia, anche se sarebbe meglio ben collegata al centro, ma io devo avviarmi.
Compro una scrivania, un pc, 2 poltrone, una libreria e qualche test base, ma non quelli costosi: tra ikea e Erickson me la cavo con 15mila€ e 8mila di affitto ho investito i miei primi 25mila euro.

La pubblicità la faccio su internet, con il passaparola, attraverso i medici che mi conoscono, Parrocchia, Caritas, scuole. Mobilito un po’ tutti e vediamo.
ho 30 giorni prima dei prossimi 2mila€.
Facciamo 2 calcoli: supponiamo che io voglia chiedere circa 60€ a seduta, non il minimo ma lontana dal massimo, per iniziare! Per un guadagno di 60mila€, per scongiurare l’intervento della finanza, io dovrei lavorare 1000 ore, in 10 mesi, considerando le pause estive e invernali in cui difficilmente i bambini vengono portati a studio, mi devo garantire circa 25 ore settimanali, 4-5 ore al giorno. 4-5 pazienti fissi o 7-8 saltuari.
Si dovrebbero presentare ogni giorno stabilito, nelle ore stabilite, pagare regolarmente e non avere mai problemi di salute.
Ah, che bel pensiero. Mi bastano 8 pazienti.
Negli ultimi 8 anni dalla laurea? Ne ho avuti tanti in totale, per dare ripetizioni!!!

La mia domanda, oltre ad aver dimostrato in modo banale e oserei dire a me stessa veramente stupido la inconstistenza di un piano di riferimento così rigido e poco personalizzato, è: mettiamo caso che io, libero professionista, debba dichiarare secondo calcoli specifici e il conto dei miei possedimenti, una cifra minima di 80mila€, ma che mi faccia fare dei calcoli dal commercialista di fiducia che mi suggerisca 160mila. Io dichiaro 150mila, il che mi mette a posto con il fisco.
Ma mettiamo caso che io rilasci una fattura ogni 3-4 interventi.
Siamo a posto così?
Rientro nella media per cui nessuno capirà mai?

Ce ne sarebbero altre di domande, perché ne ho sentite così tante di ingiustizie andando a vedere i singoli casi, che si potrebbe stare a discutere giorni per cercare di capire: ma tra tutti i metodi intelligenti, possibile che in Italia non riusciamo ad adottare i più semplici.
Si chiama meritocrazia. Inutile promettere punizioni inesistenti a chi fa cose che non dovrebbe: premiamo i virtuosi. Ci sarebbero falsi anche in quel caso? Beh, vedremo!

Allora: tu, dentista, casa di proprietà, macchina tua, macchina di moglie, macchina di figlio 18enne, macchinina di lusso, casa al mare, cane di razza, gatto siamese, pesciolino rosso, 7 cellulari, suocera in casa, ahia… hai guadagnato tutti questi zeri? Ah però. -2%
Tu operaio, appartamentino mini, macchinina da sfascio, cellulare che chiede la rottamazione, 3 figli piccoli, animali no perché finiresti per mangiarteli, hai raccolto tutti gli scontrini e le ricevute, hai anche chiesto la fattura al dentista di prima? Ah bravo! -15% e un assegno familiare in più per buona condotta.
E tu? Mh. Chirurgo. Ospedale, intramoenia, studiolo privè, macchinina scassatella, 2 cellulari vecchi, casa al mare dei suoceri, qualche cena fuori ma solo per lavoro, viaggi d’affari, computer e tab per l’ufficio. Cavolo, ma solo lavoro? E guadagni na miseria! Ma chi te lo fa fare? +5% Perché se non ce la fai a pagarmi le tasse puoi anche cambiare lavoro!!!

Perché le cose che appaiono più semplici con dei ragionamenti così banali le trasformano in cose complicate? Dessero più potere a quelle forze dell’ordine e simili che ci sono nei comuni, che conoscono, che vedono, che sanno. Sarebbe più facile tenere sotto controllo.

Ma ci sarebbero troppe mazzette. “dove si mangia in 2 si mangia anche in 3”. E iniziamo a far girare soldi. Anche questa sarebbe una soluzione migliore di quelle adottate fino a questo momento.

E tornando alla prima parola: non parliamo di equità, se non ne comprendiamo a fondo il significato vero e profondo che tale parola ha! Non siamo numeri, ma persone, ognuna delle quali merita di essere posta sì, di fronte alla legge, ma come individuo, singolo, autonomo e con diritti e doveri!

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